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di Maria Angela Giorgi Cittadini

A Trieste dal 3 al 7 luglio scorso si è svolta la 50ª Settimana Sociale dei Cattolici, evento promosso per la prima volta nel 1907 a Pistoia per iniziativa di Giuseppe Toniolo (economista e sociologo, beatificato nel 2012) all’insegna del motto “Ispirare cristianamente la società”. L’iniziativa, che rappresenta una modalità del rapporto tra la Chiesa italiana e le questioni sociali, ha continuato a svolgersi con cadenza pluriennale in diverse città come appuntamento fisso organizzato in lezioni e discussioni sui problemi sociali emergenti con la partecipazione di importanti rappresentanti del mondo culturale e politico cattolico.

Interdette per un periodo, le Settimane Sociali riprendono dopo la caduta del fascismo e la fine della Seconda Guerra Mondiale e nel 1946 hanno offerto un contributo rilevante alla redazione della nostra Costituzione con una particolare attenzione ai temi inerenti la dignità della persona, la famiglia, la giustizia sociale concepita secondo l’idea cristiana, il rispetto della pace e della cooperazione.

Quest’anno i lavori dei circa 1.000 delegati provenienti dalle diverse diocesi italiane si sono concentrati su una questione molto importante ai nostri giorni: la questione della partecipazione, della cittadinanza e delle istituzioni e il tema scelto è stato “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”.

Alla cerimonia di apertura è intervenuto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con una ”lectio magistralis” che ha centrato il cuore della democrazia che non riguarda solo chi riveste responsabilità o eserciti potere, ma riguarda tutti, perché entra ogni giorno nella vita delle persone, nelle relazioni, nelle comunità. Il Presidente ha detto con forza che “la democrazia non è mai conquistata per sempre e perciò non ci si può rassegnare a una democrazia alterata dall’astensionismo, dalla rinuncia a partecipare”. Riproponendo l’esperienza di Don Milani che esortava a “dare la parola, perché solo la lingua fa uguali”, ha invitato tutti a essere “alfabeti nella società” e pur riconoscendo che la nostra Repubblica ha fatto un lungo e significativo cammino, deve continuare nel suo compito che non finisce mai ed è quello di fare in modo che tutti partecipino alla vita della sua società e delle sue istituzioni. Specie oggi nella nostra società tecnologica è necessario battersi e fare un cammino comune, perché non vi possono essere più “analfabeti della democrazia”.

Al discorso del Presidente della Repubblica ha fatto seguito quello del Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI, che ha voluto ringraziare chi oggi, contro ogni spinta all’egoismo e all’egocentrismo, partecipa alla vita della comunità nonostante “la crisi del noi. Ha ricordato che la Chiesa è “il luogo in cui ci si appassiona al prossimo e quindi al dialogo” e così ogni cristiano concorre a costruire inclusione e convivenza contro ogni pervasivo pessimismo e contro interessi che portano solo al bene privato e non verso il bene comune.

Papa Francesco ha concluso i lavori dell’incontro e nel suo intervento ha sottolineato che” la storia delle Settimane Sociali si intreccia con la storia dell’Italia” e quanto la Chiesa sia attenta alle trasformazioni della società ed attiva nel contribuire alla costruzione del bene comune.

Ha rilevato che “oggi la democrazia non gode buona salute” e per questo è in gioco il bene dell’uomo. Come cattolici abbiamo dunque qualcosa da dire, "dobbiamo essere voce che denuncia e che propone in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce”. Secondo il Pontefice la politica è una “forma di carità” e i cristiani, come popolo di Dio, animati da passione civile sono chiamati ad essere “lievito di partecipazione” ed infine con la benedizione ha augurato di “essere artigiani di democrazia”.

Di fronte alle istanze emerse durante lo svolgimento dei lavori, i diversi relatori che si sono succeduti sono stati concordi che di fronte a una ”democrazia che non gode di buona salute”, si avverte la necessità di un cammino che rigeneri la speranza e solleciti una partecipazione più ampia e attiva che richiede sia senso critico e coraggio per non cadere in tentazioni ideologiche populistiche sia assunzione di responsabilità personali e unità “per costruire qualcosa di buono” nel nostro tempo.

Tante sono state le domande poste dai partecipanti e le risposte si possono rintracciare nelle linee culturali, nelle buone prassi da replicare, nelle coraggiose proposte di impegno da realizzare e nei percorsi da intraprendere e per questo Trieste 2024 rimane fino al prossimo incontro un cantiere aperto per concorrere a costruire insieme una migliore politica per un mondo in cui libertà, giustizia e pace siano responsabilità e obiettivi di tutti e non solo demandati ai politici di turno.

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