La fede in famiglia:
un cammino da percorre insieme
Suor Rosaria Carpentieri ha guidato un intenso incontro con le famiglie sulla fede vissuta in famiglia. Il catechismo sperimentale nella diocesi di Roma ha mostrato quanto sia essenziale il coinvolgimento attivo dei genitori nel cammino dei figli

di Maria Di Benedetto
“Credere significa ritenere vero l’amore che Dio ha per me. E questo cambia tutto”. Suor Rosaria Carpentieri, incaricata del Servizio per il Catecumenato della diocesi di Roma, non ha usato mezzi termini nell’incontro con le famiglie della parrocchia Santa Maria del Carmelo. Circa cinquanta persone hanno partecipato a un confronto sincero sul senso della fede e sull’esperienza dei sacramenti, raccontando dubbi, scoperte e piccoli segni quotidiani di un cammino che non si esaurisce con la celebrazione di un rito.
La domanda iniziale di suor Rosaria ha spiazzato tutti: “Perché oggi un adulto chiede il battesimo? Non porta vantaggi, non aggiunge nulla al curriculum. Cosa cambia davvero nella sua vita?”. Un silenzio denso di pensieri, poi le risposte. “Per me – ha detto un papà – è una regola di vita. Un dono che oggi scelgo per i miei figli, perché li aiuti a trovare una strada”. Una mamma ha raccontato il legame tra i sacramenti e la sua esperienza familiare: “Quando mio figlio ha fatto la prima comunione, non è stato solo un momento suo. Ha unito tutti noi, ci ha ricordato chi siamo”.
Il battesimo, ha spiegato suor Rosaria, “è il dono della vita eterna”. Non un atto formale, ma un seme che cresce e porta frutto nel tempo: “È come una scatola cinese: ne apri una e scopri che dentro ce ne sono altre. La fede è così: un percorso di scoperta che dura tutta la vita”. Un cammino che, però, non si può percorrere da soli: “Quando portate i vostri figli a catechismo – ha detto suor Rosaria ai genitori – voi cosa fate nel frattempo? Aspettate fuori o vi lasciate coinvolgere?”. Proprio il ruolo della famiglia è stato il cuore del confronto. “Abbiamo scelto il catechismo sperimentale – ha raccontato una coppia – perché ci ha convinti come metodo. La fede non è imparare nozioni, ma fare esperienza di un incontro”. Un’altra mamma ha parlato della preghiera vissuta in casa: “Mi emoziona mio figlio quando, prima di dormire, si inginocchia e dice cose semplici e spontanee. Lì vedo la purezza della fede”.
Suor Rosaria ha insistito: la catechesi non può essere un’attività come le altre, un’ora settimanale da incastrare tra sport e compiti: “Se un bambino torna dal catechismo entusiasta e a casa non trova ascolto, è un’occasione persa. La famiglia è la prima chiesa domestica. Se la fede non si vive insieme, diventa solo un dovere”.
L’esperienza del catechismo sperimentale, che nella diocesi di Roma ha coinvolto molte famiglie, ha mostrato quanto sia importante il loro coinvolgimento attivo. “Non basta che i bambini imparino le preghiere a memoria – ha detto un papà – devono sentire che la fede è qualcosa di vivo”. In molti hanno raccontato come il cammino dei figli abbia trasformato anche loro. C’è chi ha iniziato a pregare di più, chi si è avvicinato ai gruppi parrocchiali, chi ha sentito il desiderio di fare di più: “Il papà di un nostro bambino dello sperimentale – ha raccontato la catechista Angela – ha fatto un passo radicale: è partito per 15 giorni per una missione in Africa. Il percorso di fede con i suoi figli lo ha cambiato”.
Nelle ultime battute, suor Rosaria ha lanciato una provocazione: “Ricordate la data del vostro battesimo? Papa Francesco ci invita a considerarla come il nostro secondo compleanno. Perché il battesimo non è un certificato, ma un inizio. E merita di essere ricordato”. L’incontro si è chiuso con un suggerimento pratico: trovare un momento in famiglia, anche solo una volta a settimana, per fermarsi e raccontarsi la cosa più bella vissuta nei giorni precedenti. “Dire grazie – ha concluso suor Rosaria – è il primo passo della fede. Perché la fede non è un insieme di regole, ma una relazione”.
Molti presenti hanno lasciato l’incontro con la consapevolezza che la fede non può essere trasmessa come una semplice nozione, né relegata al solo momento del catechismo. Il vero nodo resta il coinvolgimento della famiglia: senza una testimonianza credibile in casa, il percorso dei bambini rischia di svuotarsi di significato. “Non possiamo pensare che basti iscriverli al catechismo per farli diventare cristiani – ha ribadito suor Rosaria –. La fede è un cammino che si vive, non un elenco di cose da fare”. E un genitore ha chiosato con la sua esperienza con il catechismo sperimentale: “Ci ha messi in discussione. Ci ha fatto capire che la fede non può essere delegata. E soprattutto ci ha fatto riscoprire la bellezza di vivere la comunità”.