"Gli anni dell'età adulta"
della parrocchia
Il 18 settembre 2024 si è svolto il terzo incontro del ciclo “Racconti di una storia”, nel quadro delle iniziative per il Giubileo parrocchiale. Il tema trattato, con l’intervento di padre Giuseppe Midili, parroco della nostra comunità all’epoca dei fatti raccontati, è stato quello de “Gli anni dell’ingresso nell’età adulta”
di Filiberto Bilotti
La parrocchia di Santa Maria del Carmelo rappresenta un punto importante del percorso dei Padri Carmelitani. Infatti dal 1299, anno in cui i Padri Carmelitani sono arrivati a Roma e papa Bonifacio VIII affidò loro la basilica di San Martino ai Monti (più tardi anche la chiesa di Santa Maria in Trasportina fu affidata ai Padri Carmelitani), la nostra parrocchia è l’unica a Roma intitolata a Santa Maria del Carmelo. Padre Giuseppe ha rivelato che inizialmente la parrocchia non doveva essere intitolata a Santa Maria del Carmelo ma fu padre Amedeo a chiederne ed ottenerne da Paolo VI l’intitolazione.
Per l’ordine carmelitano, che è un ordine contemplativo, l’esperienza dell’affidamento della parrocchia di Santa Maria del Carmelo ha rappresentato l’attuazione del carisma carmelitano in epoca post-conciliare.
Padre Giuseppe, che era vice-parroco di San Martino ai Monti durante l’anno giubilare del 2000, arrivò nella comunità di Mostacciano nel 2001 all’età di 28 anni a seguito di una riorganizzazione che si rese necessaria quando padre Luca partì per la Colombia per sei mesi. Dal 2001 padre Giuseppe ha vissuto nella comunità carmelitana di Mostacciano fino al 2019 e in quei 18 anni si è creato un legame affettivo fortissimo.
Quando padre Giuseppe arrivò in parrocchia era parroco padre Pietro che aveva iniziato il progetto NIT che si ispirava alla Lumen Gentium e ai documenti conciliari e che è stato presentato dallo stesso padre Pietro nel precedente incontro. L’impostazione pastorale di padre Giuseppe, pertanto, nasce e prende corpo nella nostra parrocchia con carattere decisamente post-conciliare dopo l’esperienza di carattere decisamente più tradizionale vissuta a San Martino ai Monti.
Nel 2003 il Capitolo Generale dei Padri Carmelitani propone l’idea di creare una comunità vocazionale a servizio della pastorale giovanile e la parrocchia di Mostacciano viene individuata come sede dove vivere questa nuova esperienza. Ciò determinò un riassetto della comunità e della parrocchia che portò nel 2003 alla nomina di padre Giuseppe quale parroco. Padre Giuseppe aveva soli 30 anni e con lui c’erano in comunità diversi altri padri, molti dei quali non italiani, tra i quali si ricordano padre Giovanni, padre Luca, padre Tarcisio e i diversi padre Agostino provenienti dalla Romania.
Gli anni in cui padre Giuseppe è stato parroco, dal 2003 al 2011, sono stati per certi versi complessi ma ha potuto contare su un’ottima eredità fatta di una comunità molto attiva e ben strutturata e presente sul territorio. Si ricordano a tale proposito le esperienze dei messaggeri e delle riunioni zonali. Per alcuni anni la parrocchia fu all’avanguardia nella catechesi perché per la prima volta, malgrado una certa resistenza, questa si articolava in tre anni invece che in due. Le resistenze portarono poi il vescovo a chiedere a padre Giuseppe di ritornare ad un percorso tradizionale biennale.
Le attività che la comunità parrocchiale poneva in essere richiedevano un grosso impegno. Si ricorda a titolo di esempio che ogni mese si dovevano consegnare alle 4600 famiglie del territorio parrocchiale le lettere del parroco. Le varie attività richiedevano, infatti, un gravoso impegno non solo per i frati ma anche per i laici.
Gli organi pastorali parrocchiali funzionavano bene: oltre al Consiglio pastorale parrocchiale era stato istituito l’equipe parrocchiale di animazione.
C’era comunque la percezione che il ritmo imposto dall’esterno alla nostra comunità fosse troppo serrato. Nel primo triennio, pertanto, padre Giuseppe provò a trovare una forma più mitigata di coinvolgimento perché si faceva oggettivamente troppa fatica a stare dietro alle innumerevoli sollecitazioni.
Gli anni di padre Giuseppe incarnano un percorso di assestamento della comunità parrocchiale e per certi versi anche di fisiologico invecchiamento. Molte persone coinvolte nelle attività parrocchiali dovevano necessariamente rallentare per via dell’età ma molti altri erano pronti a subentrare e a profondere ulteriori sforzi per la piena riuscita delle diverse attività.
Questa fase più tranquilla dopo il ritmo serrato dei primi anni può aver generato una certa staticità negli aspetti pastorali ed il ritmo è stato per lo più scandito dagli interventi importanti fatti sulla chiesa. Padre Giuseppe viene infatti da una formazione liturgica e per questo nei suoi anni da parroco ha insistito particolarmente sugli aspetti liturgici. D’altra parte quando divenne parroco aveva appena terminato il suo dottorato di ricerca ed era fresco di studi e di entusiasmo giovanile che a volte ha permesso di raggiungere obiettivi importanti ottenuti per sua stessa ammissione sull’onda anche dell’incoscienza.
Gli interventi sulla chiesa parrocchiale sono stati dunque notevoli: sono stati spesi in 8 anni circa 900 mila euro. Tra gli interventi più importanti si ricordano la creazione della porta centrale di accesso per garantire anche una maggiore aerazione, la costruzione dei confessionali creati dove prima c’era un giardino e le campane. Se da un lato il concepimento di tali opere si deve all’impulso dato da padre Giuseppe, dall’altro lato i fedeli sono stati complici presenti e generosi con le donazioni e le offerte. Ad esempio, la prima campana, voluta da padre Giuseppe per ricordare padre Amedeo al posto di un busto di bronzo che avrebbe trovato difficilmente collocazione in parrocchia, che costava 4.800 euro, fu acquistata con le sole offerte raccolte durante la celebrazione funebre per padre Amedeo che si tenne nella nostra chiesa parrocchiale. In quell’occasione, infatti, si raccolsero ben 5.200 euro. Quell’estate padre Giuseppe promise alla comunità che avrebbe avuto la prima campana, quella dedicata alla memoria di padre Amedeo, per Natale e così fu. Padre Giuseppe, infatti, fece di tutto nelle trattative con la ditta che si occupava della fusione della campana per anticiparne la consegna (passando anche avanti ad altre parrocchie in attesa delle proprie campane) e la notte di Natale la fece porre all’interno della chiesa e la fece suonare per la prima volta. Anche in quell’occasione si affidò alla generosità dei parrocchiani per edificare il castelletto che ora ospita le campane e solo durante la messa della notte e del giorno di Natale furono raccolti più di 10.000 euro.
Padre Giuseppe voleva intervenire anche sulla chiesa di Stella Maris in zona B ma incontrò alcune resistenze al cambiamento. Ad esempio la chiesa era dipinta di verde all’interno e di rosso all’esterno, colori che piacevano a padre Amedeo che aveva utilizzato gli stessi colori anche per la decorazione dell’edificio di Sassone, e padre Giuseppe voleva rinnovare la pittura dando una nuova veste alla chiesa. I fedeli, però, si opposero alla pittura delle pareti. Cionondimeno, durante gli anni in cui fu parroco padre Giuseppe la chiesa di Stella Maris vide opere di adeguamento necessarie e significative.
Con riferimento alle opere, padre Giuseppe ammette che una cosa che si sarebbe potuto fare ma non è stata poi fatta è quella di mettere mano all’altare della chiesa parrocchiale che per dimensioni e centratura rispetto alla pianta della chiesa richiederebbe un intervento. Padre Giuseppe racconta che tante volte di sera si sedeva davanti all’altare per cercare di immaginare una soluzione per mettere l’altare al centro ma l’intuizione non è mai arrivata.
Nel 2011 padre Giuseppe fu chiamato all’Ufficio Liturgico del Vicariato e dal 1° settembre di quell’anno padre Pippo, che aveva ricoperto ruoli importanti per l’ordine carmelitano e aveva raggiunto la comunità di Mostacciano due anni prima per vivere un momento di relativo riposo, fu chiamato a ricoprire il ruolo di parroco. Con grande umiltà accettò la responsabilità della parrocchia e gli anni tra il 2011 e il 2013 furono di grande collaborazione tra il parroco e la sua comunità. Nel 2013, però, stava per concludersi l’esperienza plurisecolare dei carmelitani nella sede di Messina - sede più antica d’Italia risalente al 1249, 50 anni prima dell’affidamento a Roma di San Martino ai Monti, e che raccoglie la più grande comunità carmelitana del mondo - che doveva essere ceduta alla diocesi. Per salvare la comunità di Messina, ancora con enorme spirito di servizio, padre Pippo accettò di spostarsi e guidare con la sua esperienza ed autorità quella comunità.
Padre Giuseppe ha concluso la sua memoria parlando degli aspetti che lo legano alla nostra parrocchia. La comunità parrocchiale gli è stata vicina per ben 18 anni e questa rappresenta la sua famiglia tanto da ripetere sempre in Vicariato che la carica umana che ha ricevuto in 8 anni da parroco a Santa Maria del Carmelo non possono dargliela 80 anni di lavoro in Vicariato. La possibilità di celebrare la messa qui negli ultimi anni da quando non è stato più parroco ha rappresentato una grazia per tutta la comunità parrocchiale che lo ricorda sempre con grandissimo affetto e stima.
Dal 16 ottobre di quest’anno, giorno del 25° anniversario di ordinazione, padre Giuseppe è nominato parroco della parrocchia di Santa Maria in Traspontina e non potrà celebrerà abitualmente la santa messa nella nostra parrocchia. Padre Giuseppe, pur commosso così come tutti i presenti all’incontro, ha scherzato su questa cosa dicendo che Santa Maria in Traspontina rappresenta l’amore dell’età adulta, la vecchia signora che si è data una bella mano di trucco, mentre Santa Maria del Carmelo di Mostacciano rimane il suo primo amore, donna giovane e piena di vita.
Durante l’incontro padre Giuseppe ha raccontato diversi aneddoti ed episodi divertenti accaduti nei suoi 18 anni in parrocchia. Tra i più esilaranti c’è un’omelia di una notte di Natale ritenuta tipicamente molto difficile perché le persone dopo il cenone hanno spesso una certa sonnolenza. In quell’occasione erano presenti in terza fila davanti all’ambone anche i genitori di padre Giuseppe che erano venuti dalla Sicilia quel giorno e anche se stanchi per il viaggio avevano piacere di seguire la celebrazione della santa messa da parte del figlio. Padre Giuseppe ha raccontato che non riusciva a concentrarsi perché ovunque guardasse vedeva persone che si appisolavano. Quando poi vide che finanche la mamma si stava addormentando disse: “Basta non predico più… visto che finanche mia mamma dorme”, suscitando le risate dei presenti e forse risvegliando qualcuno che aveva ceduto all’ora tarda e al cenone appena consumato.