Maria, la donna nuova scelta
dallo sguardo di Dio
Una lectio mariana nella parrocchia di Santa Maria del Carmelo
ha esplorato il legame tra Maria, la salvezza e la dignità
della donna nella storia della fede, evidenziando la sua centralità
nella promessa divina e nella spiritualità ecclesiale

di Laura C. Paladino
Mi è stato molto gradito l’invito del parroco, don Fernando, affinché offrissi a tutta la comunità di Santa Maria del Carmelo, cui da anni sono legata con vincoli di affetto, una lectio mariana nel contesto dell’anno giubilare della parrocchia stessa, di introduzione all’Avvento. L’incontro si è svolto lo scorso 25 novembre, nell’ultima settimana dell’anno liturgico, mentre la Chiesa si avviava ai tempi forti dell’Avvento e del Natale, alla vigilia dell’apertura della Porta Santa che avrebbe sancito, la notte di Natale, l’inizio dell’Anno Santo della Speranza, il Giubileo ordinario del quarto di secolo.
Il titolo mariano del Carmelo, che caratterizza questa parrocchia, mi è particolarmente caro: in parte lo celebro nel mio nome di battesimo, ed è uno dei titoli più antichi riconosciuti a Maria. La ricorrenza del 16 luglio è tra le feste della Madonna “celebrate da particolari famiglie religiose che oggi, per la diffusione raggiunta, possono dirsi veramente ecclesiali” (Paolo VI, Marialis Cultus): se la memoria della Madonna del Carmelo è infatti facoltativa, non obbligatoria come altre memorie e feste mariane nel corso dell’anno liturgico, ben pochi la dimenticano. Essa cade sempre intorno alla metà dell’anno solare ed è accompagnata da devozioni vive e filiali che hanno attraversato e percorso la storia della Chiesa.
Il titolo della Vergine del Carmelo è, come noto, direttamente legato alla Terra Santa, ai luoghi che si riconducono alle storie di Elia, il profeta sentito come il più importante per la tradizione ebraica, colui che deve venire prima del Messia secondo l’ultima pericope dell’Antico Testamento (cfr. Malachia 3,23-24), che non a caso con il Messia e con Mosè dialoga al momento capitale della Trasfigurazione (cfr. Marco 9,2-8; Matteo 17,1-8; Luca 9,28-36). Il monte Carmelo, il cui nome in ebraico significa “giardino di Dio”, situato nell’area settentrionale della Terra di Israele, è connesso con le vicende del popolo della Promessa e dell’antica regalità israelitica, espressione forte del messianismo. Maria è il fiore più bello del Carmelo, anzi è proprio Lei il Carmelo, il giardino di Dio, la terra buona che si è lasciata fecondare dalla Parola, la terra che la Parola del Signore ha fecondato e che ha dato il frutto, il Figlio, il Salvatore atteso da tutte le Scritture.
In Maria noi celebriamo la donna nuova, riconciliata con Dio, che apre la strada a Colui che ha riconciliato l’uomo al suo Dio, come cantiamo nel preconio pasquale. Simbolicamente è molto significativo meditare su Maria proprio nella giornata del 25 novembre, giorno che il mondo laico ha dedicato alle donne e alla loro dignità, poiché ricorre ogni anno, in quella data, la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. È una questione complessa, che affronta il nodo della relazione uomo-donna: quale sia questa relazione, quale debba essere, come l’abbia pensata Dio. È il libro della Genesi a mostrarci questa visione, l’antropologia biblica che è l’antropologia secondo il cuore di Dio. Esso ci offre, già nel capitolo 3, subito dopo il peccato, il protovangelo della salvezza, quando Dio dice al serpente: “Io porrò inimicizia tra te e la donna (la isha, che in ebraico è quasi il femminile di ish, che vuol dire uomo: nessuna lingua ha questa corrispondenza che esprime subito, anche a livello meramente linguistico, la pari dignità), tra la tua stirpe e la sua: essa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”.
È bellissimo il fatto che la promessa della salvezza passi proprio per la visione della isha, nemica del male, nemica del nemico, perché l’inimicizia è posta da Dio tra lei e il nemico, e tra la sua discendenza e la discendenza del nemico. Questa donna è dunque madre, ha una discendenza: ella è chiamata a custodire la vita contro il nemico, che vuole la morte. Questa isha è ogni donna; questa isha è la Chiesa, madre di ogni figlio di Dio, nata, come la prima donna dalla zela del corpo dell’adam, dalla zela del Cristo, adam nuovo, in cui uomo e donna si riconciliano; questa isha è la donna perfetta, senza macchia, immacolata, dunque è Maria, la madre.
È stato altresì molto significativo svolgere la meditazione mariana nel lunedì dell’ultima settimana dell’anno liturgico, aperta il giorno prima con la solennità di Cristo Re dell’Universo, l’ultima domenica dell’anno liturgico, la 34ª del Tempo Ordinario. Sono le settimane che rievocano i tempi della fine: nelle liturgie quotidiane si leggono i libri apocalittici della Bibbia, Daniele, la stessa Apocalisse. Ci sono, nella liturgia del lunedì, i 144.000 segnati con il sigillo (I Lettura, Apocalisse 14,1-5): Maria è la prima di loro, insieme a Cristo che è la primizia. C’è nel Vangelo del lunedì la vedova povera che offre tutta la sua vita a Dio (Luca 21,1-4). È bellissimo questo episodio, che leggiamo sempre sul finire dell’anno liturgico, perché ci offre una donna, che è vista solo da Gesù: nessun altro ci fa caso, ma Lui sì.
Allo stesso modo anche Maria è vista da Dio, dal principio, e lei stessa lo riconosce nel canto del Magnificat, ove loda il Signore “perché ha guardato l’umiltà della sua serva” (cfr. Luca 1,48). Si fa strada così una dimensione potente dello specifico mariano, che è lo specifico ecclesiale e lo specifico di ogni anima che anela al suo Signore, di una sponsalità di cui ogni donna, e Maria per prima, è profezia di compimento: essere guardata da Lui. Nei racconti della Genesi, fin dal principio, Dio crea e vede buone le sue creature. Così è per noi, per ciascuno, ma per Maria c’è qualcosa in più: ella è più che buona, è perfetta, senza macchia, immacolata, preservata, prediletta, come la isha prima del peccato.
Dio “l’ha guardata”, che significa anche “l’ha scelta”: nell’Antico Testamento questa dimensione è ricorrente sugli eletti di Dio (Abramo, Noè, Davide) e dice la centralità dello sguardo del Signore, che dà vita. Esso cade, “nella pienezza del tempo” (cfr. Galati 4,4), su una donna, sulla isha nuova, Maria, la madre. Proprio Lei è guardata e scelta per dare seguito alla salvezza. Con Lei Giuseppe, lo sposo: come Sara con Abramo, Maria risponde come aveva fatto Abramo, con una fede salda che la guida a dare tutta la sua vita, e dice all’angelo: “Eccomi, sono la serva del Signore, sia fatto di me quello che hai detto” (cfr. Luca 1,38).