Una cultura della pace: il Vangelo contro la logica della guerra
Riflessione sulla cultura della pace: don Mauro Cozzoli spiega la posizione della Chiesa sulla guerra preventiva, richiamando i valori evangelici di fraternità e dialogo

di Massimo Bocci
A ottant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, nel mondo sono ancora oggi attivi cinquantasei conflitti di dimensioni diverse che coinvolgono oltre novantadue Paesi. Di fronte a questa preoccupante situazione, nel 2014 Papa Francesco ha coniato l’espressione “guerra mondiale a pezzi”. Con questo termine, il Papa ha voluto descrivere un conflitto globale frammentato e solo apparentemente disconnesso, composto da guerre locali, crimini e instabilità politica e sociale. Se poi consideriamo il clima d’odio razziale e le tensioni tra nazioni attualmente esistenti, provocate da interessi economici (fonti energetiche, materie prime, acquisizioni di territori, fedi religiose, discriminazioni sociali, ecc.), ci rendiamo conto di quanto il mondo sia in costante pericolo di una nuova guerra mondiale.
Ma è giusto o inevitabile risolvere qualsivoglia contrasto con la guerra? La nostra Costituzione italiana, all’articolo 11, recita:
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Sia come cittadini sia come cristiani, siamo certi che alcune condizioni rendano lecita la legittima difesa, ma siamo altrettanto convinti che un attacco preventivo sia eticamente inaccettabile. A chiarire meglio quanto appena affermato ci aiuta un’intervista al professore emerito di teologia morale presso la Pontificia Università Lateranense, don Mauro Cozzoli, pubblicata da Vatican News il 24 giugno 2025, di cui riportiamo una breve sintesi.
Don Cozzoli spiega che la posizione della Chiesa cattolica sulla guerra preventiva è chiara: “Colpire per primi per evitare un ipotetico attacco del nemico non è eticamente accettabile”. Continua poi dicendo che “la Chiesa cattolica non fa alcun riferimento esplicito alla questione della guerra preventiva, ma possiamo derivare un insegnamento da altri argomenti come quello della legittima difesa, su cui la Chiesa si è espressa in maniera chiara”.
Partiamo da due documenti della Chiesa. Nella Gaudium et spes (GS 79) si afferma: “Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa… Una cosa è servirsi delle armi per difendere i giusti diritti dei popoli, ed altra cosa voler imporre il proprio dominio su altre nazioni. La potenza delle armi non rende legittimo ogni suo uso militare o politico”.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC 2263-2267) viene tracciato il principio di legittimità della difesa bellica: “Non c’è alcuno spazio per l’intervento preventivo. La violenza dell’aggressore dev’essere in atto, non in previsione. Nessuno vieta la possibilità di organizzare la difesa, di dotarsi di moderni e aggiornati sistemi difensivi. Tuttavia, colpire per primi per evitare un ipotetico attacco del nemico non è eticamente accettabile”.
Don Cozzoli continua ricordando che la legittima difesa, per essere lecita, deve rispondere a quattro condizioni ben precise delineate dal Catechismo della Chiesa Cattolica:
-
il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;
-
tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;
-
ci siano fondate condizioni di successo;
-
il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare
Alla domanda sulla possibilità di alcuni Stati di dotarsi di armi nucleari, don Cozzoli risponde che “l’escalation a cui si darebbe corso sarebbe inarrestabile” e continua evidenziando quanto stiamo oggi vedendo e di come “i contrasti bellici si stiano trasferendo dai campi di battaglia agli agglomerati umani. Questo già avveniva con le armi convenzionali, figuriamoci con quelle atomiche o chimiche, dove si rischia di generare eccidi di popolazioni”.
Don Cozzoli ricorda che la Chiesa non ha alternative strategiche da suggerire, perché questo spetta alla politica, ma “offre alternative valoriali e morali, che sono alla base e a monte delle alternative strategiche”.
In particolare richiama i valori espressi dai due ultimi Sommi Pontefici: l’alternativa della fraternità universale enunciata da Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti e la pace disarmata e disarmante di Papa Leone XIV.
“Fratelli tutti non è uno slogan, è una coscienza morale alta da coltivare sempre… Significa generare in ognuno di noi una coscienza che revoca la logica del nemico, crea relazioni e incontri, favorendo il dialogo per risolvere i contrasti”. È necessario dunque abbattere la logica dell’altro visto come nemico. “Qui entra in gioco il dialogo, che è la via per la costruzione di una pace disarmata e disarmante. Una pace che, se investe in armamenti ed è fondata sugli equilibri delle armi, è una pace mascherata, che non garantisce nulla”.
Don Cozzoli conclude affermando che “una cultura e una civiltà della pace, prima ancora che esplicitarsi in strategie di pace appaltate ai politici, devono maturare dentro le coscienze. È una maturazione fatta di principi e di valori come la dignità umana, la fraternità universale, il diritto e la giustizia che, se evangelizzati, annunciati e coltivati, suscitano pensieri e propositi di pace”.