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L'ombra di Pietro: segno di guarigione
e speranza nella Chiesa nascente

Nel terzo incontro degli esercizi spirituali quaresimali (12 marzo), Laura Paladino approfondisce il ruolo di Pietro nella comunità apostolica. La sua ombra diventa segno della presenza di Cristo, mentre la missione della Chiesa continua tra miracoli, persecuzioni e l’istituzione dei sette diaconi.

La terza giornata degli esercizi spirituali quaresimali alla parrocchia Santa Maria del Carmelo si è aperta con la consueta preghiera per Papa Francesco e l’invocazione allo Spirito Santo. Laura Paladino ha proseguito la sua riflessione sugli Atti degli Apostoli, approfondendo il terzo sommario e il tema della testimonianza della Chiesa nel mondo. “Siamo a metà e un po’ oltre del nostro cammino”, ha esordito Paladino, introducendo la riflessione sulla missione apostolica e sulla figura di Pietro, che negli Atti viene riconosciuto come segno vivente della presenza di Cristo nella Chiesa.

Segni e prodigi

Dopo aver esaminato come viveva la prima comunità cristiana nei primi due resoconti degli Atti, la relatrice ha sottolineato la molteplicità dei segni e dei prodigi compiuti dagli apostoli: “Molti segni e prodigi avvenivano per opera degli apostoli, tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone”. Questo luogo, ha spiegato, era uno spazio pubblico all’interno del Tempio di Gerusalemme, dove anche Gesù aveva predicato. “È qui che Gesù ha detto: ‘Io sono il buon pastore’, e questo discorso si colloca proprio nel cuore del Vangelo di Giovanni”, ha ricordato Paladino.

Nel portico di Salomone, la Chiesa nascente si riunisce e manifesta la sua unità. “Nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma tutto il popolo li esaltava”, ha evidenziato Paladino, mostrando come i cristiani fossero riconosciuti per la loro identità e testimonianza.

L’ombra di Pietro e la potenza della fede

Uno degli elementi più suggestivi di questo racconto è il passaggio in cui si dice che gli ammalati venivano portati nelle piazze, sperando che “almeno l’ombra di Pietro coprisse qualcuno di loro”. Paladino ha sottolineato la potenza simbolica di questa immagine: “L’ombra, nella Scrittura, è spesso un segno della protezione di Dio. Pensiamo alle parole dell’Annunciazione: ‘Lo Spirito Santo ti coprirà con la sua ombra’”.

La predicazione apostolica porta frutto e molti, vedendo i segni compiuti dagli apostoli, si convertono. “Sempre più venivano aggiunti credenti al Signore, moltitudini di uomini e di donne”, ha ribadito Paladino, sottolineando come l’annuncio del Vangelo sia sempre fecondo e porti nuova vita.

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L’istituzione dei diaconi: il servizio nella Chiesa nascente

Accanto alla crescita della comunità e alle prime persecuzioni, negli Atti degli Apostoli emerge anche un momento fondamentale per la struttura della Chiesa: l’istituzione dei diaconi. “La comunità cresce e con essa aumentano le necessità”, ha spiegato Paladino. “Si presenta un problema concreto: le vedove di lingua greca vengono trascurate nell’assistenza quotidiana. Gli Apostoli comprendono che non possono occuparsi di tutto e dicono: ‘Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense’”.

Per questo motivo vengono scelti sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito Santo e di sapienza, ai quali viene affidato il servizio della carità. “Questa scelta non è marginale, ma è essenziale per la Chiesa”, ha sottolineato Paladino. “Gli Apostoli non dicono: ‘Non vogliamo servire’, ma comprendono che la loro missione è la preghiera e l’annuncio della Parola, e affidano il servizio a uomini scelti dallo Spirito”.

Tra i sette, spicca Stefano, il primo martire. “Stefano non è solo un servitore della carità, è un uomo pieno di grazia e di potenza, capace di annunciare con forza il Vangelo”, ha ricordato Paladino. Con l’istituzione dei diaconi, la Chiesa primitiva dimostra la sua capacità di discernere e rispondere alle necessità della comunità, garantendo che nessuno venga trascurato e che ogni battezzato possa mettere a frutto i doni ricevuti dallo Spirito Santo.

La persecuzione e il martirio di Stefano

Alla crescita della Chiesa si accompagna anche la persecuzione. “Gli Atti ci mostrano questo schema: evento straordinario, sommario sulla comunità, persecuzione”, ha spiegato Paladino, evidenziando come la testimonianza cristiana provochi sempre reazioni forti, sia di adesione che di rifiuto.

Uno dei momenti più drammatici è il martirio di Stefano, il primo martire della Chiesa. “Stefano era un uomo pieno di grazia e di potenza e faceva grandi prodigi tra il popolo”, ha ricordato Paladino. Tuttavia, i suoi avversari non riuscivano a resistere alla sua sapienza e, per questo, “persuadono alcuni a dire che lo hanno udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio”. La dinamica è la stessa che aveva portato alla condanna di Gesù: false accuse, testimoni corrotti, un processo sommario.

“Ma Stefano rimane luminoso nella pace e nella luce, perché è con Cristo”, ha affermato Paladino. Il suo discorso davanti al Sinedrio è una sintesi della storia della salvezza, che culmina nella proclamazione di Cristo. “Vedo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio”, dice Stefano prima di essere lapidato.

Concludendo la riflessione, Paladino ha sottolineato il valore della testimonianza cristiana: “La speranza del cristiano è certezza: la certezza che Cristo è vivo, che ci accompagna, che la sua presenza è concreta nella Chiesa”. Anche nella persecuzione, la Chiesa continua la sua missione, portando il Vangelo a tutte le genti e testimoniando, con la vita e con le opere, l’amore di Cristo risorto.

Il coraggio della fede e la vittoria della speranza

Il martirio di Stefano non è solo una tragica fine, ma il compimento di una testimonianza che si radica nella speranza cristiana. “Stefano non è vittima della violenza, ma testimone della verità”, ha spiegato Paladino. Il suo sguardo rivolto al cielo, la sua certezza nella risurrezione di Cristo e la sua preghiera per i persecutori fanno di lui un modello di fede incrollabile.

“Non c’è martirio senza speranza”, ha sottolineato Paladino. “Chi dona la propria vita per il Vangelo sa che non sta perdendo nulla, ma sta entrando nella pienezza della vita in Cristo”. È la stessa certezza che accompagna la Chiesa nelle persecuzioni di ogni epoca: la certezza che la croce non è l’ultima parola, ma il passaggio verso la gloria della risurrezione.

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