top of page

Le gambe di Carmelus
e quel ponte che unisce due mondi

Dall’Africa a Roma per un intervento che cambierà la sua vita: la storia del piccolo Carmelus, sostenuto dalla missione di suor Florence e dalla comunità parrocchiale. Un racconto di fede, cura e fraternità che costruisce ponti concreti

Carmelus2

di Daniele Arculeo e Riccardo Benotti

“Questo viaggio è nato come uno scherzo”. Suor Florence sorride mentre racconta l’inizio di questa storia che oggi è diventata realtà. Tutto è cominciato con un semplice video arrivato dall’Africa, in cui Carmelus, un bambino di quattro anni, balla con la leggerezza tipica della sua età, senza immaginare che quei passi avrebbero cambiato la sua vita. Il nostro parroco, don Fernando, lo ha condiviso con la comunità per mostrare la gioia di questo piccolo, ma qualcuno, guardando con attenzione, ha notato che le sue gambe erano arcuate. Da lì è nata una domanda: possiamo fare qualcosa per lui?

All’inizio, suor Florence non ha pensato che sarebbe stato possibile. “Credevo che crescendo le gambe si sarebbero aggiustate da sole”, dice con semplicità. In Africa, spesso, si spera più di quanto ci si possa curare. Ma i parrocchiani di Roma hanno insistito: serviva un intervento, e l’unico modo era farlo venire in Italia: “Quando mi hanno detto che bisognava andare a Roma, pensavo scherzassero. Poi, piano piano, ho capito che non era uno scherzo. Quando l’ospedale ha confermato che senza la mamma non si poteva fare nulla, ho visto la mano di Dio. Ho pensato: se è la Sua volontà, ben venga”.

Il legame tra la nostra parrocchia e la missione di suor Florence è una storia che dura da anni. Attraverso l’associazione La Culla, la comunità ha sostenuto molti progetti per i bambini più fragili, tra cui proprio Carmelus, accompagnandolo a distanza con preghiera e aiuti concreti. Questo ponte si è rafforzato ancora di più nel giugno 2024, quando Daniele ha trascorso due settimane con suor Florence in Nigeria, camminando tra villaggi e scuole, vivendo la vita semplice della missione, incontrando bambini pieni di vitalità e mamme preoccupate per il futuro. Ogni giorno di quel viaggio è stato raccontato con brevi video, seguiti con partecipazione dalla comunità.

Dopo mesi di preparativi, il 19 giugno di quest’anno, Carmelus è arrivato a Roma insieme a sua mamma e a suor Florence. La fatica del viaggio è stata grande, ma l’accoglienza ricevuta ha fatto dimenticare tutto. “Siamo arrivati direttamente dall’aeroporto all’ospedale, stanchi e un po’ assonnati, ma le persone che abbiamo incontrato ci hanno fatto dimenticare la stanchezza”, racconta suor Florence. In ospedale, un’infermiera si è presa cura di Carmelus con dedizione: “Ci chiedevano cosa mangiavamo, ci portavano giochi e regali. Non ci è mancato niente”. La mamma, sorpresa, si domandava se fossero davvero in ospedale, tanta era la cura ricevuta.

Il 21 giugno, Carmelus è entrato in sala operatoria all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù per un intervento di epifisiodesi temporanea bilaterale, necessario per correggere il ginocchio varo, ossia la condizione che causava l’arcuatura delle sue gambe. Durante l’operazione, i chirurghi hanno inserito placche e viti speciali che guideranno la crescita delle ossa nei prossimi mesi, aiutandole a riallinearsi gradualmente. Non è un raddrizzamento immediato, ma un percorso che richiede pazienza e controlli regolari. L’intervento è andato bene e, pochi giorni dopo, il 27 giugno, Carmelus è stato dimesso. Ora dovrà attendere almeno un anno o un anno e mezzo per la rimozione delle placche, in base alla crescita delle ossa.

Ogni giorno chiede a suor Florence perché le sue gambe non sono ancora dritte. Lei gli spiega che servirà tempo. Ma dentro di sé, Carmelus è sereno: “Quando torno a casa, non mi chiameranno più gambe storte”. Quel soprannome, che a scuola lo faceva soffrire, ora sembra più lontano. E sogna di diventare alto come Daniele, che per lui ora è un vero punto di riferimento.

Suor Florence osserva con gratitudine la cura ricevuta in ospedale: “Durante il ricovero non ho trovato momenti difficili. Tutti sono stati così disponibili… Mi sono sentita trattata come una persona importante, perché tutti si preoccupavano per noi”. Nella sua voce c’è meraviglia, ma anche consapevolezza di quanto un gesto semplice possa diventare grande per chi ha poco.

Guardando Carmelus che gioca e sogna, suor Florence pensa al futuro. “Questa esperienza la racconterà agli altri bambini quando torneremo in Nigeria. Porterà con sé il ricordo di persone che non lo conoscevano ma che lo hanno amato. E questo – conclude – è il ponte più grande: sapere che ci sono mani, volti e cuori pronti a prendersi cura di chi è lontano, senza chiedere nulla in cambio”.

Forse è questo il segreto di ogni comunità cristiana: non possiamo cambiare il mondo intero, ma possiamo migliorare la vita di qualcuno. Intanto, mentre la missione continua il suo cammino, Carmelus guarda al futuro con un desiderio semplice: tornare a ballare senza dolore, con gambe forti che lo sostengano e la consapevolezza di non essere solo.

bottom of page